domenica 24 febbraio 2008

La scomparsa di Luigi Rizzi

Con profonda tristezza, anche a nome dell'Istituto Sardo per la Storia della Resistenza e dell'Autonomia che lo ha avuto per molti anni socio e attivo collaboratore, devo comunicare che questa mattina è mancato a Sassari Luigi Rizzi, deportato politico a Mautahusen ed Ebensee dove fu immatricolato con il n. 57374.

Rizzi, aviere ventunenne, era stato sorpreso dall'8 settembre ad Ortona. Come tutti i militari sardi, non era potuto rientrare nell'isola e si era rifugiato a Firenze presso uno zio sottufficiale dell'Arma. Il 1 marzo 1944, mentre si trovava in fila davanti a una tabaccheria, era stato sorpreso da un rastrellamento: era il giorno dello sciopero generale. L'8 marzo partiva da Firenze per Mauthausen in un convoglio di operai fiorentini, empolesi, pratesi (ricordava ancora nelle sue testimonianze questi uomini di una certa età, preoccupati per le famiglie rimaste a casa più che per se stessi). Dopo la quarantena a Mauthausen era stato trasferito ad Ebensee, dove da ragioniere si era dovuto trasformare in minatore, fino al maggio 1945. Era riuscito a tornare a casa, ed aveva lavorato come segretario comunale da un paese all'altro della nostra vasta provincia.

Come tutti, al ritorno non era stato ascoltato e non aveva molta voglia di parlare. Ha taciuto per decenni, durante i quali la sua storia era stata nota solo ai familiari. Poi era entrato in contatto con un gruppo di insegnanti che intorno all'Istituto e nelle rispettive scuole cominciavano a lavorare sulla memoria della deportazione. Era la metà degli anni Novanta e nulla si sapeva ancora dei circa 250 sardi che sono passati per i KZ. Rizzi aveva iniziato a raccontare agli studenti e in manifestazioni pubbliche, e per tutti questi anni è stato la memoria vivente della deportazione nel territorio della Sardegna settentrionale, una delle pochissime in tutto il territorio dell'isola. Svolgeva con slancio questa che considerava una missione ed un debito nei confronti dei compagni che non erano tornati; malgrado il carico degli anni e la poca salute conseguente alla permanenza in lager. Migliaia di ragazzi e ragazze hanno sentito raccontare Mauthausen ed Ebensee dalla sua voce e per molti questa è rimasta una delle esperienze più intense dell'intero percorso scolastico. Era tornato con loro a Mauthausen e ad Ebensee nel 1997, ne era nato un libro, Diario di viaggio, con i suoi racconti e le riflessioni corali degli studenti che aveva accompagnato e che al ritorno gli avevano consegnato un'affettuosa dichiarazione con cui lo "adottavano" come nonno ad honorem.

Era profondamente tollerante, non aveva mai smesso di interrogarsi sul perchè di quel che aveva dovuto subire, sulle ragioni che avevano mosso gli aguzzini, sapeva rappresentare senza retorica ma con intensa partecipazione le sofferenze sue e dei compagni. Non concludeva mai la sua narrazione senza lanciare un messaggio di responsabilità e di pace, sapeva di avere tutta l'autorevolezza per farlo e lo sentiva come un dovere malgrado il dolore che ogni volta gli costava.

Voleva un gran bene a tutti noi che lavoriamo su questi temi e difendeva pubblicamente e con convinzione la nostra attività. Che da oggi continua anche nel suo nome. Ma quanto vuoto ci sentiamo addosso in questo momento.

Aldo Borghesi
ISSRA Sassari

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