domenica 7 novembre 2010

Iniziative Italia / Menaggio, reintegrare le vittime dei fascismi

Centro Italo-tedesco di Villa Vigoni
Loveno di Menaggio (Como)
7-9 novembre 2010

La “reintegrazione” delle vittime dei “fascismi”.
I casi austriaco, francese, tedesco e italiano
Convegno internazionale

Concezione scientifica:
Giovanna D’Amico

Coordinamento:
Giovanna D’Amico
Lutz Klinkhammer

PROGRAMMA

Domenica 7 novembre 2010
Ore 19.00: Aperitivo di benvenuto e cena

Lunedì 8 novembre 2010
Ore 9.00 I casi tedesco, austriaco e francese

Presiede: Brunello Mantelli (Università di Torino)
JÖRG LUTHER (Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”): Equamente riparare: come le vittime riscrivono il diritto
CONSTANTIN GOSCHLER (Ruhruniversität Bochum): La reintegrazione dei perseguitati dal nazismo nella Germania del dopoguerra. Dalle zone di occupazione, alla Germania divisa, fino alla Germania riunificata (1945-2009)

Ore 13.00: Pranzo

Ore 15.00:
BRIGITTE BAILER-GALANDA (Università di Vienna): Austrofascismo e Anschluß: un doppio passato e una “duplice reintegrazione?“ Scienze storiche e decisioni amministrative e politiche di riparazione in Austria
ANNE GRYNBERG (Université Paris I “La Sorbonne”, INALCO, CNRS): Perseguitati dai nazisti e perseguitati da Vichy. I soggetti delle restituzioni e della reintegrazione in Francia.

Ore 19.30: cena


Martedì 9 novembre 2010
Ore 8.00-9.00: colazione

Ore 9.00 Il caso italiano
Presiede: Christof Dipper (TU Darmstadt)
GIOVANNA D’AMICO (Università di Torino): Le norme di reintegrazione delle vittime del a) regime monarchico-fascista, b) della Repubblica Sociale Italiana e c) degli occupanti nazisti nei beni, nel lavoro e negli altri diritti lesi dai fascismi
GIUSEPPE SPECIALE (Università di Catania): La legislazione risarcitoria e la sua applicazione: italiani ebrei, giudici e amministrazione (1955-2010)
PAOLA BERTILOTTI (Sciences-Po, Parigi): Il punto di vista delle “vittime” e delle loro associazioni
LUTZ KLINKHAMMER (Istituto Storico Germanico, Roma) e FILIPPO FOCARDI (Università di Padova): Il problema degli indennizzi delle vittime del nazismo e del fascismo nel contesto delle relazioni tra i due Stati: genesi e conseguenze degli accordi italo-tedeschi degli Anni ‘60

Ore 13.00: Pranzo

Ore 14.00:
TAVOLA ROTONDA:
Prospettive di ricerca e aspettative nei singoli contesti nazionali e nel contesto europeo; come potrebbe configurarsi un modello europeo di “reintegrazione?”
Partecipanti:
WOLFGANG BENZ (Zentrum für Antisemitismusforschung, TU Berlin),
TAL BRUTTMAN (employé de la ville de Grenoble),
BRUNELLO MANTELLI (Università di Torino),
JOHANNA LINSLER (doctorante en histoire à l’Université de Paris I, Panthéon Sorbonne), WOLFGANG SCHIEDER (Universität zu Köln)

Ore 19.30: Cena

Mercoledì 10 novembre 2010
Colazione e partenza

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PREMESSA
La “reintegrazione” delle vittime dei “fascismi”. I casi austriaco, francese, tedesco e italiano

Gli studi sulla reintegrazione delle vittime dei fascismi nel dopoguerra stanno divenendo viepiù importanti ed estendendosi progressivamente anche in quei paesi che come l’Italia hanno a lungo trascurato la rilevanza di questa tematica.
Proprio in ragione di tale interesse, ormai indubbiamente penetrato nel nostro Paese, ci è sembrato interessante organizzare un convegno che cogliesse alcuni nodi storiografici specifici, attraversando le storiografie di quattro Paesi, che per la loro contiguità storico-culturale possono essere congruamente comparati: Germania, Austria, Francia e Italia.
In qualunque analisi che voglia assumere in termini comparati le questioni legate alla Wiedergutmachung l’esempio tedesco non può essere tralasciato; non solo perché esso è stato assurto dagli alleati a caso estremo della responsabilità delle politiche di persecuzione perpetrate a danno dei soggetti suddetti, ma anche perché ha sviluppato un fiorire di studi e riflessioni la cui ampiezza è sconosciuta agli altri paesi d’Europa coinvolti.
Anche l’Austria ha tuttavia maturato approfondimenti di notevole portata sia sul versante delle persecuzioni, sia su quello della reintegrazione delle «vittime» nel dopoguerra; essa inoltre, in quanto Stato direttamente annesso al Reich, sviluppò la teoria di essere stata la prima «vittima» del nazismo, un paradigma interpretativo che sarebbe stato rovesciato solo alla fine degli anni
Ottanta, e pertanto l’idea di non avere avuto «colpe» nella persecuzione delle persone prese di mira dal nazismo dopo l’Anschluß. Qui si pone un secondo problema: l’Austria, così come l’Italia, ha avuto un doppio passato fascista, distribuito lungo archi cronologici separati; come si sono posti e si pongono i governanti di questi due paesi nei confronti del loro doppio passato? In che modo il quadro categoriale delle «vittime» risente di questa duplice linea di frattura? Si è guardato di più alla reintegrazione delle vittime dell’austro-fascismo o a quella delle vittime del nazismo? Di più al fascismo autoctono o a quello d’esportazione?
Il problema si pone prepotentemente per l’Italia in cui i governanti hanno distinto tra perseguitati dalla Repubblica sociale italiana (deportati in KL e perseguitati in generale dopo l’8 settembre 1943 anche nel territorio italiano) e perseguitati dal regime monarchico-fascista, reintegrando maggiormente i primi rispetto ai secondi.
Anche la Francia – infine – ha conosciuto sia l’occupazione nazista (e fascista nel Sudest), sia un regime fascista (sebbene non tutti concordino sull’aggettivo) autoctono, ma solo all’interno di una compresenza temporale, anche se non necessariamente geografica, che rende i problemi (anche di definizione categoriale) assai diversi rispetto ai casi austriaco e italiano.
Comparare le esperienze di questi paesi nel quadro delle politiche di reintegrazione da essi attuate è una operazione importante perché permette di mettere a fuoco la circolarità delle singole esperienze, la matrice comune di definizione del quadro categoriale delle «vittime» e le
politiche di riabilitazione attivate a favore dei perseguitati (ravvisabile nella concezione alleata di chi dovesse essere risarcito o meno), nonché le irriducibili differenze dovute ai diversi contesti e alle diverse sensibilità che caratterizzavano ciascun paese. Si tratta certamente di raffrontare storiografie di diversa ampiezza e misura, essendo quelle tedesca e austriaca assai più sviluppate delle italiana e francese, che solo dopo il crollo del socialismo reale nei paesi dell’Est (che avrebbe riaperto i problemi di restituzione materiale dei beni alle vittime prima d’allora non risarcite, per la presenza in essi del regime di collettivizzazione dei
beni), presero a fiorire. In quest’ottica tenere almeno conto in questo convegno di come nella Germania dell’Est vennero formulati i problemi di categorizzazione delle vittime e di restituzione è importante: non è peraltro solo sull’entità della reintegrazione nei diritti patrimoniali ai perseguitati dal nazismo che la sua Vergangenheitsbewältigung può essere misurata. Le modalità di comportamento legate agli indennizzi e alla restituzione del lavoro andrebbero parimenti affrontate.
Fu negli anni Novanta, ad ogni modo e proprio sull’onda della svolta di cui sopra, che tanto in Francia, quanto in Italia e Austria – oltre che nella gran parte dei paesi interessati dal problema – vennero istituite commissioni governative ad hoc allo scopo di indagare sull’ampiezza delle spoliazioni patite dalle vittime dei «fascismi» e dalla misura delle politiche di reintegrazione colà
attivate dai rispettivi governi: in quella circostanza l’Austria avrebbe coinvolto ben 160 ricercatori e prodotto 50 volumi che affrontavano una molteplicità di aspetti legati alla riabilitazione delle «vittime».
Il convegno si chiude con una tavola rotonda che vuole mettere sul tappeto una cruciale questione di fondo: fino a che punto ci si può spingere nella comparazione delle esperienze misurate nei singoli contesti nazionali? Quali sono le specificità oltre le quali diventa difficile provare a tracciare un vissuto comune? E sul piano della metodologia storica, fino a che punto è possibile separare i distinti approcci negli studi sulla Wiedergutmachung (in Germania legati all’analisi della materialità della reintegrazione delle vittime) da quelli sulle Erinnerungskulturen (in Germania legati alle politiche della memoria)? Dove si incrociano e si dividono queste due distinte modalità di approccio al passato?



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