lunedì 30 marzo 2009

Una piazza per il comandante partigiano sardo Piero Borrotzu

Piero Borrotzu 01



L’UNIONE SARDA


Domenica 29 marzo 2009


La guerra del tenente Piero: il dovere e il sacrificio a 22 anni


Tra i monti della Lunigiana nuovo omaggio a Borrotzu, il partigiano sardo che salvò un paese


Sui monti della Lunigiana, nell'alta valle del fiume Vara, Chiusola, frazione del comune di Sesta Godano, si prepara a tributare un nuovo omaggio a Piero Borrotzu, il partigiano sardo che 65 anni fa si immolò per salvare l'intero paese. Il sacrificio del ventiduenne “tenente Piero”, che il 5 aprile 1944 si consegnò ai carnefici per evitare che venissero trucidate una settantina di persone, rastrellate dai nazifascisti, sarà ricordato sabato 4 aprile, nel borgo montano, nel corso di una solenne cerimonia. A lui, medaglia d'oro al valore militare, il sindaco di Sesta Godano, Giovanni Lucchetti Morlani, assieme alla gente del borgo, alle associazioni partigiane, guidate da Nello Quartieri, comandante della brigata Matteotti-Picelli, e a delegazioni di altri comuni liguri, intitolerà, tra fasce tricolori e gonfaloni, una piazza del paese. In prima fila, con la commozione di sempre, ci sarà pure Pietro Greppi, 88 anni, uno dei partigiani che era sotto il comando del giovanissimo Borrotzu e che ne conosceva, più di ogni altro, la lealtà, il senso del dovere, la generosità. È proprio Pietro Greppi, ancora lucido, con la memoria ben viva, a conservare nella casa di Chiusola, in via Michele Boeri, ricordi e testimonianze materiali di quel giorno terribile.

Il paese, alle prime luci dell'alba del 5 aprile, si era svegliato con le urla, i mitra spianati, le divise di militari tedeschi. Dalle case, gente ancora assonnata veniva trascinata in strada. Uomini e ragazzi, strappati alle famiglie con la minaccia delle armi, rastrellati per tutto l'abitato, malmenati, venivano radunati sul piazzale della chiesa di San Michele. «Tra loro c'ero anch'io», ricorda il compagno di Borrotzu: «Eravamo una settantina e dicevano che ci avrebbero uccisi tutti, che avrebbero bruciato le case, perché tra noi c'erano dei partigiani».

Correva voce, in paese, che fosse stata una spia a tradirli. Qualcuno aveva informato i tedeschi e per questo era scattato l'ordine della rappresaglia, della punizione esemplare. A dare man forte ai tedeschi, quel 5 aprile, c'erano anche militari italiani, bersaglieri del duce. Erano questi ultimi a tradurre gli ordini e le minacce urlate dagli ufficiali delle SS alla gente atterrita.

Proprio in quei giorni, nel borgo montano, ma nessuno lo sapeva, se non le persone che gli erano più fedeli, si nascondeva, in una casa di periferia, proprio il tenente Piero. Il capo partigiano era sfuggito al rastrellamento e di sicuro avrebbe potuto mettersi in salvo, se avesse voluto. Non doveva fare altro che saltare da una finestra al primo piano, raggiungere il bosco e fuggire tra i monti.

«Avrebbe potuto farlo, ma non lo fece», spiega Pietro Greppi: «Si vestì in fretta, invece, indossò un impermeabile bianco, ci nascose sotto una mitraglietta e si diresse deciso verso il centro del paese». Lui, che si era formato all'accademia di Modena, che era divenuto ufficiale con i valori del dovere e del sacrificio radicati dentro, non poteva permettere che si massacrasse gente innocente. Si consegnò così ai militari tedeschi, alle SS, che lo perquisirono, gli trovarono la mitraglietta e cominciarono a colpirlo con rabbia.

«La gente del paese non c'entra», gridò lui: «Prendete me, sono un capo partigiano. Non percuotetemi, però, rispettate il mio grado di tenente». Un gesto nobile, eroico, che non fece breccia tra i suoi aguzzini. Piero Borrotzu venne spinto dentro una casa, percosso, torturato. Poi, dolorante, sanguinante, fu condotto da quattro soldati tedeschi e un ufficiale sino alla piazzale della chiesa.

Un ordine brusco liberò di colpo gran parte dei settanta prigionieri. Vennero trattenuti e portati via solo Pietro Greppi, il fratello Giovanni e altri tre, che solo per un caso riuscirono a salvarsi. Il tenente Piero si ritrovò, così, solo, nella piazzetta, accanto al tronco di un albero, di fronte al plotone di esecuzione. Colpito al petto, si accasciò a terra e un ufficiale delle SS lo finì con un colpo di pistola alla nuca.

“Offertosi volontariamente al nemico per salvare da strage un paese innocente”, si legge nel documento che accompagna la medaglia d'oro al valore militare. Una motivazione che richiama alla mente quella di un altro spirito generoso, Salvo d'Acquisto, anche lui, innocente, immolatosi per salvare altri innocenti.

Il sacrificio di Piero, figlio di Francesco Borrotzu di Orani e di Clotilde Di Bene di Vezzano Ligure, ha lasciato un ricordo indelebile tra la gente di Chiusola, che continua a nutrire per lui una gratitudine vera, profonda. In questo sperduto borgo tra le montagne, dove la popolazione, ridotta ormai di due terzi, non supera di molto le cinquanta unità, il tenente Piero continua ad essere venerato quasi come un santo. A lui, a Sesta Godano, è intitolata da tempo la scuola media, così come gli sono intitolate, in Sardegna, una scuola media di Nuoro e le elementari di Orani. Ora, a Chiusola, avrà il suo nome, “Ten. Piero Borrotzu partigiano Medaglia d'oro al Valore Militare”, pure la piazza del borgo e un cippo fisserà nel tempo il ricordo della Resistenza.

GINO CAMBONI

La biografia di Piero Borrotzu dal sito del Circolo Giustizia e Libertà di Sassari

3 commenti:

Anonimo ha detto...

A giorni,potrete vedere la foto del cippo su Google Earth,fatta il giorno stesso dell'innaugurazione. Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

Perche non:)